mercoledì 22 aprile 2020

LE ATTIVITÀ VULCANICHE

CALORE DELLA TERRA

ORIGINE


L'origine del calore interno della Terra

L'esistenza di un'energia termica all'interno della Terra è un fatto certo e ben conosciuto. Vulcani, sorgenti termali, soffioni, geyser e le elevate temperature presenti nelle miniere e nei pozzi documentano in modo inequivocabile la presenza di un calore interno. Le cause che hanno prodotto alla formazione del calore attualmente presente all'interno della terra sono molteplici.

Gran parte di esso deriva dal decadimento degli isotopi radioattivi presenti nelle rocce, in particolare quelle acide della crosta terrestre, che contengono uranio, torio e potassio, con tempo di dimezzamento molto lungo, e sarebbero responsabili del 40% delle emissioni termiche della superficie.

Gli elementi radioattivi avrebbero determinato inoltre la fusione dei metalli, in particolare del ferro. Quest'ultimo spostandosi verso il centro della Terra a causa della gravità, avrebbe liberato grandi quantità di energia gravitazionale sotto forma di calore, alzando ulteriormente la temperatura.

Infine, va aggiunto il calore primordiale della Terra, che si aggirerebbe attorno ai 1000°C, dovuto alla pressione prodotta dalla compattazione delle particelle e dal loro attrito.


Il gradiente geotermico è l'aumento della temperatura, espressa in gradi centigradi, ogni 100 metri di profondità. Ha un valore medio di 2 - 3°C/100 metri, ma può variare anche notevolmente da località a località, con punte di 0,6°C/100 m e 14°C/100 m, a causa di particolari fenomeni geologici.




Il grado geotermico è il numero di metri che bisogna scendere sotto la superficie terrestre per avere l'aumento di 1°C. Il grado geotermico è in media circa 39 m.
Applicando questo valore all'intero raggio terrestre, otterremmo una temperatura al centro della Terra di oltre 190000°C, ma una tale situazione provocherebbe la fusione del nostro pianeta, per cui questo valore deve avere validità solo per la superficie. Sappiamo, infatti, dalla sismologia che le onde trasversali, che non si trasmettono sui fluidi, attraversano tutto il mantello, vengono bloccate nel nucleo esterno per ricomparire nel nucleo interno; perciò si può dedurre, in base alla composizione mineralogica, che la temperatura del centro della Terra non può superare i 5000°C. A tale temperatura, le rocce dovrebbero fondere ma, a causa dell'elevatissima pressione, ciò non avviene. Attraverso i dati forniti dalle onde sismiche e dai valori della pressione, è stato calcolato l'andamento delle temperature all'interno della Terra, descritto da una curva chiamata geoterma. Osservando l'andamento nel grafico, si può vedere che:
la litosfera ha una temperatura inferiore a quella di fusione e perciò è rigida;
l'astenosfera si presenta plastica perché vicina al punto di fusione;
la restante parte del mantello è solida, con la curva di fusione sopra la geoterma;
il nucleo esterno ha, invece, una temperatura superiore a quella di fusione e perciò è fluido;
il nucleo interno ha la geoterma nuovamente sotto il punto di fusione e quindi è allo stato solido.


Il flusso di calore

Il flusso di calore è la quantità di energia termica che si allontana dalla Terra per unità di area nell'unità di tempo. L'unità di misura è l'HFU (Heat Flow Unit), equivalente a 42 milliwatt per metro quadro (42 mW/m2).

Nei continenti, costituiti in prevalenza da rocce magmatiche acide, ricche di isotopi radioattivi, il flusso medio di calore è di 1,5 HFU. Il valore è inferiore nelle zone interne, geologicamente stabili, che presentano una crosta spessa, e maggiore nelle aree attive, dove la crosta è più sottile. L'Italia, geologicamente giovane, ha un flusso di calore superiore alla media, in particolare nelle aree vulcaniche della Toscana e del Lazio.

Negli oceani il flusso di calore è diverso a seconda delle aree e, a parte nelle dorsali, è appena inferiore a quello dei continenti. Nei bacini oceanici è circa 1,3 HFU, mentre è inferiore a 1 HFU nelle fosse; lungo le dorsali il flusso è maggiore di 2 HFU. Poiché le rocce basiche contengono pochi minerali radioattivi, i valori dovrebbero essere nettamente inferiori a quelli dei contenenti, invece la differenza è molto lieve. Il motivo non è chiaro; si suppone che il flusso di calore degli oceani sia aumentato a causa delle correnti convettive del mantello che fanno risalire materiale caldo lungo le dorsali, e perché la crosta oceanica è molto più sottile di quella continentale.














FLUSSO GEOTERMICO
CELLE CONVETTIVE (DIAPIRI)
FORMAZIONE MAGMA

domenica 19 aprile 2020

I TERREMOTI




Anche se le rocce sulle quali camminiamo ci sembrano immobili, a volte improvvisamente si animano con un tremito, in alcuni casi terribilmente distruttivo: il terremoto.




Che cos'è un terremoto?

Un  terremoto  è una improvvisa vibrazione del terreno che accade quando due blocchi di roccia improvvisamente scivolano uno di fianco all'altro. La frattura nelle rocce è detta faglia, la superficie lungo la quale scivolano i blocchi viene chiamata piano (o specchio) di faglia. La posizione sotto la superficie terrestre in cui inizia il terremoto è chiamata  ipocentro, mentre la posizione direttamente al di sopra di esso, in corrispondenza della superficie terrestre, è chiamata  epicentro. 





A volte un terremoto è preceduto scosse premonitrici (foreshocks). Questi sono piccoli terremoti che si verificano nello stesso posto dove avverrà il terremoto più forte. Non è possibile dire che un terremoto è una scossa premonitrice fino a quando non si verifica il terremoto più forte, che è chiamato scossa principale (main shock). Le scosse principali sono sempre seguite da una serie di scosse di assestamento (aftershock). Si tratta di terremoti meno intensi che successivamente si verificano nello stesso posto di quella principale. A seconda della forza della scossa principale, le scosse di assestamento possono continuare per settimane, mesi e persino anni dopo!



Perché la terra trema quando c'è un terremoto?

Mentre i bordi dei blocchi di roccia lungo la faglia sono bloccati a causa dell'attrito, il resto del blocco si muove e quindi l'energia che normalmente farebbe scorrere i blocchi l'uno accanto all'altro viene accumulata. Quando la forza esercitata dai blocchi in movimento supera l'attrito lungo il piano di faglia si libera e tutta l'energia immagazzinata viene rilasciata improvvisamente. 
Dalla faglia l'energia si irradia in tutte le direzioni sotto forma di onde sismiche, come le increspature che si formano sull'acqua di uno stagno quando vi lasciamo cadere dentro un sasso. 
Il modello che descrive l'accumulo di energia e il suo successivo rilascio  è detto modello del rimbalzo elastico.



MODELLO DEL RIMBALZO ELASTICO ANIMAZIONE 
Al seguente link è disponibile una breve animazione che illustra il modello: https://youtu.be/idRrayX1Hok


Le onde sismiche scuotono la terra mentre si muovono attraverso di essa e quando le onde raggiungono la superficie terrestre, scuotono il terreno e qualsiasi cosa su di essa, come le nostre case e noi! 
(2011, Il terremoto di Sendai - RAI Sapiens 06/04/2019: 11 marzo 2011, ore 14 e 46: un violentissimo terremoto di magnitudo 9 colpisce la zona nord-orientale del Giappone. L'epicentro si trova a circa 150 chilometri al largo della regione di Tohoku. Ma il terremoto non è l'unico problema, perché il sisma ha scatenato un'altra terribile forza: un'onda di tsunami che procede verso la costa a più di 900 chilometri orari. https://youtu.be/gAMpWYFMIy0 )


Cosa sono le onde sismiche?


Le onde sismiche sono di treni di onde elastiche e possono propagarsi sia all'interno della Terra, onde di corpo (body waves) o volume, sia lungo la superficie terrestre, onde superficiali

Le onde di volume sono di due tipi:

  Onde primarie o onde P (o longitudinali o di compressione)
Le onde primarie (onde P) sono le più rapide, quindi sono le prime ad arrivare ad una stazione sismografica dopo un terremoto. In genere viaggiano attraverso la crosta terrestre a circa 6 km al secondo, e ancora più velocemente, circa 8 km al secondo, nel mantello superiore. Gli impulsi di energia nelle onde primarie sono una successione di compressioni ed espansioni che si muovono nella direzione di propagazione dell'energia. In altre parole, le onde P hanno un movimento "push-pull" simile a una fisarmonica. 
Le onde P possono viaggiare attraverso solidi, liquidi e gas.


Le onde P hanno un movimento push-pull che provoca compressioni ed espansioni alternate. Ogni particella in una roccia si sposta avanti e indietro parallelamente alla direzione del moto ondoso. Immagina piccoli quadrati disegnati sulla roccia, come mostrato qui. Mentre le onde si muovono attraverso la roccia, un quadrato cambierà ripetutamente dalla sua forma quadrata a una forma rettangolare e ritorno.


  Onde secondarie o onde S (o trasversali o di taglio)

Le onde secondarie (onde S) in genere percorrono 3,5 km al secondo nella crosta e 5 km al secondo nel mantello superiore. Sono più lente delle onde P, il che le rende "seconde" per ordine di arrivo ai sismografi. A differenza del movimento prodotto dalle onde P, i segmenti di roccia soggetti alle onde secondarie vibrano ad angolo retto (lateralmente) rispetto alla direzione di spostamento dell'energia, cambiando la forma. È proprio a causa di questo movimento più complesso che le onde S viaggiano più lentamente delle onde P. 
A differenza delle onde P, le onde secondarie non possono passare attraverso liquidi o gas.

Nelle onde S, il movimento delle particelle è diverso: è perpendicolare alla direzione del movimento dell'onda (su-giù o da lato a lato). In questo caso, un quadrato cambierà ripetutamente in un parallelogramma e poi di nuovo in un quadrato.





  Onde di superficie.

Le onde di superficie sono onde di grande intensità che viaggiano attraverso la crosta esterna della Terra. Il loro modello di movimento ricorda le onde causate quando un sassolino viene lanciato al centro di uno stagno. Si sviluppano ogni volta che le onde P o S disturbano la superficie della Terra quando emergono dall'interno. Le onde di superficie sono le ultime ad arrivare ad una stazione sismografica. (Animazione della propagazione sulla superficie terrestre delle onde sismiche generate dal terremoto di Mw 6.5 delle ore 07:40 del 30 ottobre 2016 che ha coinvolto l'Italia Centrale: https://youtu.be/7rycCRtcfHs )
Queste onde sono costituite da onde Love e di Rayleigh. Le onde di Love scuotono la superficie terrestre da un lato all'altro, mentre le onde di Rayleigh agiscono come le onde dell'oceano. 


Le onde di superficie sono la causa principale della distruzione che colpisce le aree densamente popolate durante un terremoto. Questo perché le onde di superficie sono canalizzate attraverso una regione esterna 
poco spessa della Terra  e quindi la loro energia viene dissipata meno rapidamente che nei grandi volumi di roccia attraverso i quali viaggiano le onde di corpo.


😉       PER RIEPILOGARE LE ONDE SISMICHE:





( 👍👍👍ANIMAZIONE DI RIEPILOGO ONDE SISMICHE  😲 :  https://youtu.be/hirPHrCKKP0 )




Come vengono registrati i terremoti?


I terremoti sono registrati da strumenti chiamati sismografi . La registrazione che fanno è chiamata sismogramma . In termini schematici, un sismografo è costituito da una massa, con un pennino all'estremità, sospesa attraverso una molla ad un supporto fissato al terreno, sul quale è posto un rullo di carta che ruota continuamente. Quando il terreno oscilla, si muovono anche il supporto e il rullo di carta, mentre la massa sospesa, per il principio di inerzia, resta ferma e il pennino registra il terremoto tracciando le oscillazioni su carta (sismogramma). Ciò che viene registrato è la differenza di posizione tra la parte vibrante del sismografo e la parte immobile.




sismogramma








Nei sismografi moderni il pennino ed il rullo di carta sono stati sostituiti da un sistema digitale di acquisizione dei segnali elettrici trasmessi da un sensore elettromagnetico posto all'interno del sismometro solidale al terreno. 



Sismografo PASI Mod. 16S-P è la versione ultraleggera di 12 canali, sismografo a 24 bit; con display touchscreen e PC interno, è caratterizzato da un'interfaccia molto intuitiva; grazie al software interno, è possibile impostare i parametri di acquisizione, visualizzare le acquisizioni e registrare i dati sismici in un colpo d'occhio. Tutti i dati vengono quindi salvati sul disco rigido interno, pronti per il trasferimento e l'elaborazione dei dati seguenti.

In che modo gli scienziati misurano la forza dei terremoti?


Fino agli anni ‘30, invece, quando furono costruiti i primi strumenti in grado di registrare con precisione l’ampiezza delle onde sismiche, il confronto fra l’intensità dei diversi terremoti veniva fatto sulla base di scale descrittive, dette “di intensità macrosismica”, che davano la misura di ciascun evento in rapporto alle conseguenze prodotte su manufatti e persone.
Tra le numerose scale di intensità macrosismica che sono state sviluppate negli ultimi secoli per valutare gli effetti dei terremoti in una determinata area geografica, la più famosa è senza dubbio la scala Mercalli, elaborata nel 1902 dall’omonimo sacerdote sismologo e vulcanologo italiano.


Nella sua versione più recente dovuta a Cancani e Sieberg, questa scala è composta di 12 gradi crescenti di intensità (due in più della scala originale) che vanno dalle vibrazioni impercettibili fino alla distruzione catastrofica. A ogni grado corrisponde una descrizione sommaria di quanto ci si aspetta che accada in un centro abitato a seguito dell’evento tellurico: in particolare, i gradi più bassi descrivono come il terremoto è avvertito dalle persone, quelli più alti descrivono invece i danni strutturali che sono osservabili.



Purtroppo, i valori delle scale di tipo descrittivo non sempre rispecchiano la vera entità di un terremoto: fenomeni di grandezza reale molto diversa, ma generati a differente profondità, possono produrre lo stesso effetto in superficie; inoltre, i terremoti che colpiscono aree densamente popolate non sono, in media, più violenti di quelli che avvengono in aree deserte o in mare aperto.
Per questo è nata, nel secolo scorso, la necessità di definire delle scale di intensità non macrosismica bensì strumentale, che permettessero di esprimere in maniera oggettiva l’energia sprigionata da un sisma, indipendentemente dalla sua profondità e, soprattutto, dalle distruzioni da esso causate in superficie.

La scala Richter di magnitudo sismica è la prima scala strumentale ad essere introdotta, sviluppata nel 1935 dal sismologo statunitense Charles F. Richter, da cui prese il nome. 

Essa esprime l’energia di un terremoto in gradi di “magnitudo”, in analogia con la classificazione delle stelle effettuata dagli astronomi in base alla loro luminosità. La magnitudo del terremoto è ricavata dall'ampiezza massima delle oscillazioni del suolo misurate da uno strumento standard, e dalla distanza tra il punto di misurazione e l’epicentro del sisma.

l celebre normogramma che permette di ricavare la magnitudo Richter direttamente dal sismogramma con un sismografo standard di Wood-Anderson.

La scala è logaritmica, per poter descrivere con un numero ristretto di valori sia sismi appena avvertibili che terremoti immani: in pratica, a ogni aumento di un’unità nella magnitudo corrisponde un aumento di 10 volte nell’ampiezza misurata (e un rilascio di energia circa 30 volte maggiore). Sulla scala Richter la magnitudo è espressa in numeri interi e frazioni decimali. 


I terremoti di magnitudo 2,0 o inferiore sono “eventi strumentali”, cioè non sono generalmente avvertiti dalle persone e vengono registrati solo dai sismografi locali.
I terremoti di magnitudo 4,5 o superiore sono invece abbastanza forti per essere registrati in tutto il mondo dai sismografi più sensibili. I grandi terremoti, infine, hanno una magnitudo 8,0 o maggiore, ma nessuno di essi ha mai superato la 8,9). Come esempio, il terremoto che il 23 novembre 1980 colpì l’Irpinia, provocando più di 3.000 vittime e oltre 10.000 feriti, fu di magnitudo 6,8, e ha avuto, in prossimità dell’epicentro, effetti riferibili al IX grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS).

Terremoto Irpinia 1980

Per estendere l’idea originale di Richter alla misura di terremoti sulle medie e grandi distanze e a registrazioni effettuate ad altre frequenze con differenti tipi di sismometri, furono in seguito introdotte dagli scienziati delle nuove scale di magnitudo (definite sempre in modo tale che nel proprio range di validità ognuna sia equivalente alla magnitudo Richter).


Come possono gli scienziati sapere dove è avvenuto il terremoto?

I sismogrammi sono utili anche per localizzare i terremoti confrontando i tempi di arrivo dell'onda P e dell'onda S. 
Per capire come funziona, confrontiamo le onde P e S con fulmini e tuoni. La luce viaggia più veloce del suono, quindi durante un temporale vedrai prima il lampo e poi sentirai il tuono. Se sei vicino al fulmine, il tuono scoppierà subito dopo il lampo, ma se sei lontano dal fulmine, puoi contare diversi secondi prima di sentire il tuono. Più sei lontano dalla tempesta, più tempo ci vorrà tra il fulmine e il tuono. 
Le onde P sono come i fulmini e le onde S sono come i tuoni. Le onde P viaggiano più velocemente e scuotono il terreno dove sei il primo. Quindi le onde S seguono e scuotono anche il terreno. Se sei vicino al terremoto, l'onda P e S arriveranno l'una dopo l'altra, ma se sei lontano, ci sarà più tempo tra i due. 



I sismogrammi vanno fatti scorrere sul grafico delle dromocrone fino a far coincidere i momenti di arrivo delle onde P e delle onde S con le rispettive dromocrone. Il valore in ascissa ci indica la distanza dall’epicentro e rappresenta il raggio delle circonferenza da disegnare. Da ogni stazione si disegnerà la circonferenza corrispondente l’ intersezione determinerà l’epicentro.

Osservando la quantità di tempo che intercorre tra l'onda P e S su un sismogramma registrato da un sismografo è possibile capire quanto lontano era il terremoto da quella posizione. 

Un simulatore didattico è scaricabile da qui ed è valido per i terremoti locali permette di determinare il ritardo di tempo S-P in funzione della distanza dell’epicentro.

Tuttavia, non è possible dire in quale direzione si è verificato il terremoto rispetto il sismografo, ma solamente quanto è distante l'epicentro. Se disegnano su una mappa attorno alla stazione di rilevamento un cerchio il cui raggio è la distanza dal terremoto, è possibile dire che il terremoto si trova da qualche parte sul cerchio. Ma dove? 



Per una precisa individuazione dell’epicentro, occorre che i dati sulla distanza epicentrale siano rilevati da almeno tre diverse stazioni dotate di un sismografo che registri le oscillazioni lungo una qualsiasi delle tre componenti del moto.
In quest’ultimo caso, la posizione dell’epicentro è ottenuta graficamente o analiticamente con il cosiddetto metodo della triangolazione, e coincide con il punto in cui, con buona approssimazione, si incrociano fra loro le circonferenze centrate attorno alle tre stazioni di rilevamento.



Misurazioni ancora più precise della localizzazione della sorgente richiedono invece la determinazione dell’ipocentro e l’utilizzo di dati raccolti da altri osservatori, anche se molto distanti dal luogo del sisma.


Gli scienziati possono prevedere i terremoti?

In base alle attuali conoscenze della comunità scientifica internazionale non è possibile prevedere i terremoti
E' possibile, però, attraverso l' individuazione delle aree sismogenetiche, lo studio della loro sismicità storica e recente, dell'assetto tettonico e geologico definire la pericolosità sismica del territorio in base alla quale adottare adeguate misure di prevenzione che possano ridurre gli effetti dei terremoti.

O, in alternativa, si può chiedere a qualche mago.......


Reti sismiche

Una rete sismica è costituita da un insieme di stazioni sismiche distribuite su di una determinata area, collegate in tempo reale attraverso sistemi di teletrasmissione dei dati ad un unico centro di raccolta.
In base alla distanza tra stazioni contigue e alla copertura del territorio, si definiscono quattro tipologie di reti:

• rete sismica mondiale
• rete sismica nazionale
• rete sismica regionale
• rete sismica locale

Gli scopi di una rete sismica sono molteplici e riguardano aspetti puramente scientifici (es. localizzazione del terremoto, stima della magnitudo, studio del mezzo di propagazione), azioni di protezione civile (es. monitoraggio di aree tettoniche e vulcaniche attive, identificazione di esplosioni) e attività didattiche (educazione e sensibilizzazione alla sismologia in scuole e istituti di formazione).

Le attività di monitoraggio del territorio italiano attraverso reti sismometriche (composta da velocimetri) e accelerometriche sono svolte dal Dipartimento della Protezione Civile. In particolare il monitoraggio sismico del territorio nazionale avviene attraverso la Rete Sismica Nazionale Centralizzata (RSNC) e l'attività di sorveglianza sismica continua (H24) è affidata all'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Attraverso un collegamento internet riservato, l'INGV fornisce al Dipartimento di Protezione Civile informazioni su tutti i terremoti registrati, aggiornate in tempo reale.
La Rete Sismica Nazionale, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (rielaborazione tratta da http://www.gm.ingv.it).

I MAREMOTI

Gli tsunami, o maremoti, sono onde che si generano per l’impulsivo spostamento di una grande massa d’acqua e che, avvicinandosi alla costa, possono raggiungere altezze molto elevate e diventare devastanti: il termine tsunami, infatti, deriva dal giapponese "tsu"=porto e "nami"=onda, proprio per la caratteristica che queste onde hanno di produrre danni nei porti e lungo le coste. 
Gli tsunami sono causati principalmente da forti terremoti sottomarini o in prossimità della costa e, meno frequentemente, da frane sottomarine o costiere, da eruzioni vulcaniche e, molto raramente, dall'impatto di meteoriti in mare. (http://roma2.rm.ingv.it/it/tematiche/33/tsunami/31/le_cause_degli_tsunami)
Le onde di maremoto si distinguono dalle comuni onde del mare per alcune sostanziali caratteristiche. Le comuni onde marine prodotte dal vento muovono solo gli strati più superficiali della colonna d’acqua, non provocando alcun movimento in profondità, 

Onde provocate dal vento



mentre le onde di tsunami muovono tutta la colonna d’acqua, dal fondale alla superficie e sono molto più veloci. 
Onda di tsunami
Questo spiega perché le onde di tsunami, anche basse, hanno forte energia e sono in grado di penetrare nell'entroterra per parecchie centinaia di metri e causare gravi danni.
Il 26 Dicembre 2004 in seguito ad un violento terremoto si verificò uno dei più terribili e devastanti TSUNAMI che la storia ricordi e che si propagò dall'Oceano Indiano fino alle Isole Maldive, provocando migliaia di vittime, tra cui 40 italiani, e ingenti danni materiali. Ci vollero diversi anni per la ricostruzione completa e il ritorno alla normalità.


Da un punto di vista fisico le onde di maremoto sono caratterizzate da lunghezze d’onda (distanza tra due creste) molto elevate, dell’ordine delle decine o centinaia di chilometri e viaggiano ad elevata velocità in mare aperto, raggiungendo anche i 700-800 km/ora. Sono in grado di propagarsi per migliaia di chilometri conservando pressoché inalterata la loro energia ed essendo quindi in grado di abbattersi con eccezionale violenza anche su coste molto lontane dal punto di origine. Le onde di tsunami, che in mare aperto passano spesso inosservate per la loro scarsa altezza, quando si avvicinano alla costa subiscono una trasformazione: la loro velocità si riduce (essendo direttamente proporzionale alla profondità dell’acqua) e di conseguenza l’altezza dell’onda aumenta, fino ad arrivare a raggiungere anche alcune decine di metri. Talvolta il maremoto si manifesta con un fenomeno di iniziale ritiro delle acque (regressione) che lascia in secco i porti e le navi. In realtà questo ritiro non è altro che il cavo dell’onda e, pertanto, preannuncia l’arrivo della successiva cresta e la conseguente inondazione (ingressione). 
(ANIMAZIONE NOAA TSUNAMI  https://youtu.be/KB-TO5kq5Aw)


Lo tsunami che raggiunge la costa può apparire simile ad una marea che cresce molto rapidamente, sollevando il livello generale dell’acqua anche di molti metri; o si può presentare come una serie di onde, delle quali la prima non è necessariamente la maggiore; oppure si presenta come un vero e proprio muro d’acqua e, in questi casi, l’impatto delle onde di tsunami sulla costa è molto spesso devastante.



DISTRIBUZIONE DEI TERREMOTI NEL MONDO.

Una analisi della distribuzione degli epicentri mondiali di terremoti dimostra in modo sorprendente la limitata estensione delle aree sismicamente attive. Quasi tutti i terremoti si verificano in fasce molto strette lungo le creste oceaniche e  le faglie trasformi, lungo le faglie continentali o nei pressi di archi insulari. 



Anche la distribuzione in profondità dei terremoti è molto limitata. Quasi tutta l'energia sismica viene rilasciata nella crosta. Terremoti con ipocentri intermedi e profondi si verificano quasi senza eccezioni in strette zone planari che si immergono ad angoli di circa 45 ° sotto gli archi insulari. 


L'attività sismica diminuisce a un livello molto basso a profondità piuttosto basse in tutte le altre regioni. 
In California, ad esempio, non sono stati osservati terremoti al di sotto di circa 15-20 km. Questa distribuzione geografica notevolmente non uniforme implica che il verificarsi di terremoti richiede condizioni molto speciali. 

Vedremo che tutto questo dipende dalla TETTONICA A ZOLLE.


IL RISCHIO SISMICO

L'Italia è uno dei paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto sociale ed economico rilevante.



In 2.500 anni, l'Italia è stata interessata da più di 30.000 terremoti di media e forte intensità (superiore al IV-V grado della Scala Mercalli) e da circa 560 eventi sismici di intensità uguale o superiore all'VIII grado della Scala Mercalli (in media uno ogni 4 anni e mezzo). Solo nel XX secolo, diversi terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6.5 (con effetti classificabili tra il X e XI grado Mercalli).


La sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale della penisola - lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia) - in Calabria e Sicilia, ed in alcune aree settentrionali, tra le quali il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale.




I terremoti che hanno colpito l'Italia hanno causato danni economici consistenti, oltre a conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico e monumentale.
In Italia, il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l'energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica normalmente in altri paesi ad elevata sismicità, quali la California o il Giappone. Ad esempio, il terremoto del 1997 in Umbria e nelle Marche ha prodotto un quadro di danneggiamento (senza tetto: 32.000; danno economico: circa 10 miliardi di Euro) confrontabile con quello della California del 1989 (14.5 miliardi di dollari), malgrado fosse caratterizzato da un'energia circa 30 volte inferiore. Ciò è dovuto principalmente all'elevata densità abitativa e alla notevole fragilità del nostro patrimonio edilizio.




PERICOLOSITÀ SISMICA.

La pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo interessano, ovvero dalla sua sismicità. Un territorio avrà una pericolosità sismica tanto più elevata quanto più probabile sarà, a parità di intervallo di tempo considerato, il verificarsi di un terremoto di una certa magnitudo.
La conoscenza della sismicità della nostra penisola è resa possibile dal grande numero di studi e documenti sugli effetti che i terremoti hanno provocato in passato nelle diverse aree geografiche.
Negli ultimi anni gli studi di pericolosità sismica sono stati impiegati nelle analisi territoriali e regionali finalizzate a zonazioni (classificazione sismica o microzonazioni) e recepiti dalle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008 .
Per ridurre gli effetti del terremoto, l'azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione sismica del territorio e sull'applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. La legislazione sismica italiana prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.




Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa severità. Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull'analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di magnitudo.

Vulnerabilità sismica.

Le conseguenze di un terremoto non sono sempre gravi: molto dipende, infatti, dalle caratteristiche di resistenza delle costruzioni alle azioni di un evento sismico. Questa caratteristica si definisce vulnerabilità. La vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello a seguito di un evento sismico. Quanto più un edificio è vulnerabile (per tipologia, progettazione inadeguata, scadente qualità dei materiali e modalità di costruzione, scarsa manutenzione, etc.), tanto maggiore potrà essere il danneggiamento della struttura.





Esposizione sismica.

L'esposizione esprime il valore, la quantità e la qualità dei beni esposti: vite umane, beni economici, artistici e culturali. Gli elementi esposti al rischio sono costituiti da tutto ciò che è stato realizzato dall'uomo, la cui condizione e il cui funzionamento può essere danneggiato, alterato o distrutto dall'evento sismico.






FIGURA DI SINTESI SUGLI ASPETTI DEL RISCHIO SISMICO





VIDEO SUL RISCHIO SISMICO (POCHI MINUTI 😉)